«Mi basterebbe riuscire a sfamarmi. Una settimana alla pensione, conto ogni centesimo per tirare avanti…» — sussurrò la nonnina.

INTERESSANTE

Kirill tagliava automaticamente la carne, muovendo con sicurezza il pesante coltello sul tagliere.

La lama separava con facilità le fibre, il grasso si staccava senza resistenza, i movimenti erano precisi e familiari.

Un giorno come tanti: il brusio delle voci dei clienti, il tintinnio della cassa, l’odore di carne fresca che ormai non notava più.

Ma qualcosa attirò la sua attenzione.

Davanti al banco c’era una figura minuta e curva. Una nonna — con un vecchio cappotto logoro, che ormai non riusciva più a proteggerla dal freddo.

Il suo fazzoletto era scivolato leggermente, lasciando scoperte le guance rugose; le spalle tremavano, forse per il freddo o per l’emozione.

Nelle mani stringeva un sacchettino di plastica consunto, in cui tintinnavano alcune monetine.

Guardava la vetrina da un po’, ma Kirill se ne accorse subito: non fissava i succosi pezzi di carne che andavano via per primi, né i tagli pregiati, né le bistecche invitanti.

Guardava le ossa.

Quelle che si comprano per gli animali domestici — per variare un po’ la loro dieta modesta.

Kirill rallentò il movimento del coltello, osservandola con attenzione.

Non si accorse nemmeno di quando lo strumento gli scivolò dalle mani, cadendo sul tagliere.

La vecchietta borbottava tra sé, facendo dei calcoli:

— Se ci faccio il brodo… forse mi basta per tre giorni… sì, dovrebbe bastare…

Lo diceva in modo normale, come se fosse una situazione di tutti i giorni a cui era abituata.

Kirill si asciugò le mani nel grembiule e si avvicinò lentamente a lei, sentendo qualcosa stringergli il petto.

— Nonna, per chi sono le ossa? Hai un cane? — chiese, cercando di mantenere un tono naturale.

La vecchietta sobbalzò, come se non si aspettasse che qualcuno la notasse.

Per un attimo i suoi occhi mostrarono imbarazzo, poi abbassò lo sguardo.

— Macché cani, caro… — rispose piano, con un sorriso amaro.

— Solo per me stessa… Manca ancora una settimana alla pensione, e faccio i conti per tirare avanti.

Lo disse senza lamentarsi, solo constatando una realtà a cui era ormai rassegnata.

Kirill digrignò i denti guardando le sue dita tremanti, che stringevano il sacchetto con le monete.

Il suo sguardo si spostò sulla vetrina, dove i pezzi di carne giacevano ordinati, pronti per la vendita.

Conosceva bene i prezzi. Sapeva che per lei erano un lusso irraggiungibile.

Senza pensarci troppo, prese una decisione.

Kirill prese velocemente un pollo intero, lo avvolse nella carta spessa, aggiunse un bel pezzo di carne macinata fresca — una di quelle che andavano a ruba.

Sistemò tutto con cura in un sacchetto, controllando che fosse ben chiuso, facile da trasportare.

— Tieni, nonna, — disse porgendole il pacchetto oltre il banco.

La vecchietta rimase immobile, chiaramente incredula.

Guardò Kirill, poi il pacco, come se cercasse di capire se fosse realtà o un’illusione.

— Tesoro, ma io non ho quei soldi… — sussurrò, indicando con un gesto impotente il suo sacchetto con le monetine.

Kirill sorrise, scuotendo la testa:

— Quali soldi? Questo è per te. Solo così.

Ma la nonna fece un passo indietro, stringendosi le mani al petto.

— No, no… Non si fa… Ti pagherò dopo… — disse scuotendo il capo, la voce colma d’imbarazzo.

Kirill la guardò attentamente, con il cuore stretto per il suo rifiuto.

— Ti prego, accetta — ripeté dolcemente, spingendo il pacco un po’ più vicino. — È un regalo, dal cuore.

Alla fine, lei accettò con cautela il pacco, tenendolo come se potesse sparire da un momento all’altro.

Le sue dita sottili tremarono leggermente mentre stringeva più forte quel dono.

Le sue lacrime scintillarono negli occhi.

— Ma tu… stai rinunciando a qualcosa per me… — mormorò, guardandolo con gratitudine e preoccupazione.

— Perché lo fai?

Kirill si strinse nelle spalle, sorridendo:

— Va tutto bene per me, nonna. Guarda, ho persino un pezzo di carne in più.

Prendilo, fatti una bella zuppa. Almeno una volta alla settimana, qualcosa di caldo e sostanzioso.

Le sue mani tremarono ancora un po’ mentre prendeva il pacco. Rimase in silenzio, poi disse piano:

— Grazie, caro… Grazie di cuore…

Fece una pausa, come se stesse pesando ogni parola successiva.

Poi, all’improvviso, fece un passo avanti e lo abbracciò forte, come se fosse suo figlio.

— Grazie, tesoro mio… — sussurrò, la voce tremante per l’emozione.

— Che la vita ti restituisca tutto questo con gli interessi…

Kirill sentì un calore diffondersi dentro di sé, sciogliendo il suo imbarazzo.

— Ma dai… — borbottò, staccandosi un po’. — È solo un pollo.

Ma la nonna sapeva: non era solo carne.
Era attenzione. Cura.

Il giorno dopo, Kirill continuò a lavorare come sempre.

I clienti andavano e venivano, ma c’era qualcosa di diverso nell’aria.

Lo percepiva sulla pelle.

Le persone lo guardavano in modo diverso — con calore, con un sorriso gentile.

Sembrava che un’aura invisibile di gratitudine avvolgesse il banco.

All’inizio pensò fosse solo un caso, ma poi si avvicinò una donna di mezza età, una cliente abituale. In mano aveva un cestino di verdure.

— È vero che ieri hai aiutato quella vecchietta? — chiese, chinandosi come per non farsi sentire dagli altri. — Le hai dato del cibo gratis?

Kirill rimase sorpreso. Non pensava che qualcuno avesse notato, tantomeno che se ne parlasse.

— Beh… sì — rispose esitante, grattandosi la testa. — Una sciocchezza…

La donna sorrise, nei suoi occhi brillava una sincera ammirazione.

— La conoscono tutti, qui. Vedova, piccola pensione, vive da sola… Sei una brava persona, Kirill.

Molto generosa.

Lui cercò di nascondere l’imbarazzo, facendo un gesto vago con la mano.

— Ma no… sono solo piccole cose.

La donna pagò, gli fece un cenno col capo ed uscì, lasciandolo con una sensazione piacevole nel cuore.

Qualche ora dopo, mentre Kirill quasi si era dimenticato della conversazione, nel negozio entrò Vasilich — un venditore del quartiere, un uomo robusto con rughe gentili attorno agli occhi.

— Kirill, ho sentito che hai aiutato quella nonna, — disse, posando due torte fatte in casa sul banco.

— Tieni, da parte nostra. Sono per te.

Kirill sbatté le palpebre, troppo sorpreso per ribattere.

Vasilich gli diede una pacca sulla spalla e si avviò verso l’uscita.

— Ehi, ma così non si fa! — cercò di fermarlo Kirill, ma l’uomo si limitò a salutarlo con la mano, lasciandolo lì con le torte profumate.

Il ragazzo sorrise, riponendole nel frigorifero.
«Che svolta», pensò, sentendo un calore diffondersi nell’anima.

Il giorno dopo successe di nuovo, ma con un tono diverso.

Alla cassa c’era una giovane donna dai lineamenti gentili e un fazzoletto chiaro tra i capelli.

Scelse qualche prodotto, pagò, e poi, come per caso, lasciò una tavoletta di cioccolato vicino al registratore.

— Solo un pensiero, — disse con un sorriso e un occhiolino. — Per te.

Kirill rimase immobile, guardandola stupito.

Solo il giorno prima aveva fatto una scelta semplice, senza pensare alle conseguenze, e ora le persone sembravano innescare una reazione a catena di gentilezza.

Prese la tavoletta, la rigirò tra le mani, e un sorriso si disegnò sul suo volto.

«La bontà davvero ritorna», pensò, sentendosi leggero dentro.

Passò esattamente una settimana. La nonna tornò al negozio, alla stessa ora dell’ultima volta.

Kirill la riconobbe subito. Ora camminava con più sicurezza, anche se con la stessa cautela.

La timidezza era sparita dai suoi occhi, lasciando spazio a una tranquilla dignità.

Si avvicinò al banco e tirò fuori dalla tasca alcune banconote piegate con cura.

— Ecco, caro, — disse, guardandolo dritto negli occhi. — Ho ricevuto la pensione.
Voglio pagarti quel pollo.

Kirill restò senza parole. Guardò i soldi, poi la nonna.

— Nonna, ma perché? — spinse le banconote indietro.

— Era solo una mia scelta, niente di speciale…

La vecchietta scosse il capo con decisione.

— No, caro. Non era carità, era pura bontà.
E alla bontà si risponde con altrettanta bontà.

Frugò nella sua borsa e tirò fuori un piccolo pacchetto.

Lo aprì, e Kirill vide dei calzini caldi, lavorati a maglia con cura.

— Tieni, — disse, porgendoglieli. — Così non ti si raffreddano i piedi.

Li prese con delicatezza. I calzini erano morbidi, fitti, con un bel motivo.
Sfiorò le maglie con le dita, sentendo che scaldavano non solo le mani, ma anche il cuore.

— Nonna… — riuscì appena a dire, guardandola con gratitudine.

Lei sorrise, il suo volto si illuminò di rughe profonde che la rendevano ancora più dolce.

— Usali con salute, figliolo, — disse, voltandosi e avviandosi lentamente verso l’uscita.

Kirill la seguì con lo sguardo finché non sparì oltre la porta.

Nel petto gli rimase un senso di struggimento — non triste, ma luminoso, caldo.

Guardò ancora una volta i calzini, li strinse tra le mani.

E capì: nessuna coperta di lana avrebbe mai scaldato meglio di quella semplice, ma colma d’amore, creazione.

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