Nella classe 10 “B” da tempo non c’era un insegnante fisso di letteratura.
Una se n’era andata per maternità, un’altra aveva mollato dopo un mese di lavoro.

Quando arrivò Anna Vjaceslavovna — giovane, calma, ordinata — i ragazzi si scambiarono uno sguardo: «Un’altra… Non durerà a lungo».
La prima lezione iniziò come una prova di forza.
— Bene, aprite i quaderni… — cominciò l’insegnante.
— Ma non li abbiamo portati! — gridò qualcuno dai banchi dietro.
In classe scoppiò una risata.
— Forse prima vi presentate e poi insegnate? — disse sarcastica un’altra ragazza.
— Va bene. Anna Vjaceslavovna, — disse con calma lei. — E io…
— Anna Viagra-lovna! — risposero urlando.
— Odore di profumo di un secolo fa, e gli occhiali da nonna! — si udirono risate fragorose.
Qualcuno accese sul telefono il verso di un asino. La classe scoppiò a ridere.
Mentre l’insegnante spiegava qualcosa alla lavagna, uno studente le lanciò un aereo di carta sulla schiena.
Lei si voltò.
— Forse scapperete e vi farete pagare come quella prima? — sussurrò uno dei ragazzi in modo che lei potesse sentire.
Qualcuno sbadigliò teatralmente e fece cadere un libro.
Altri seguirono: caddero libri, scricchiolarono sedie, qualcuno scorreva TikTok sul tablet.
E allora Anna Vjaceslavovna, inaspettatamente, si sedette sul bordo del banco e disse a bassa voce… L’intera classe si immobilizzò:
— Sapete, non sono sempre stata un’insegnante.
Esattamente un anno fa lavoravo nel reparto oncologico per adolescenti.
Lì c’erano coetanei vostri. Alcuni sognavano solo di arrivare al diploma.
Per loro tutto era importante: i libri, le poesie, anche solo parlare.
— C’era un ragazzo, aveva 17 anni.
Diagnosi — sarcoma.
Leggevamo insieme “Evgenij Onegin” ad alta voce, perché ormai quasi non poteva parlare.
La classe si fece silenziosa.
— Teneva il libro anche quando le dita non gli ubbidivano più.
Mi disse: «Peccato non aver amato prima i libri.
Ora darei tutto solo per… sedermi a una lezione normale.
Senza flebo».
La stanza divenne ancora più silenziosa.
— Una ragazza in un altro letto sognava di andare a scuola.
Solo sedersi al banco, sentire una vita scolastica normale.
Voi, ragazzi… voi tutti vivete il loro sogno, ma vi comportate come se la vita vi dovesse qualcosa.
— Non vi compatirò né vi supplicherò.
Conosco il valore di tutto questo.
Se volete sapere, continuate pure.
Si alzò, sistemò gli occhiali, riordinò la pila di quaderni e aprì il registro.
Per tutta la lezione in classe non si sentì nemmeno un rumore.
Da quel giorno nessuno la chiamò più con altri nomi né rise alle sue spalle.







