Kovács Dániel aveva superato la fase in cui l’odore del caffè del mattino avrebbe potuto risolvere qualsiasi cosa. Le sue mattine erano più che altro un problema, con la macchina del caffè che si fermava in segno di solidarietà.
Nella loro piccola casa, da qualche parte nei dintorni di Újpest, ogni angolo raccontava una lotta: il pavimento scricchiolante, le tende rattoppate e quel rubinetto che gocciolava incessantemente, che non era stato riparato da quando la madre era malata.
– Dani, svegliati, sei in ritardo! – disse piano Kovács Mária dalla stanza, dove ormai si alzava raramente dal letto.
Dániel saltò fuori dal letto, si passò velocemente una mano tra i capelli arruffati e si diresse all’università. Studiava legge. Perché, visto che la vita è già piena di contratti, tanto valeva imparare almeno qualcosa di ciò che lo obbligano a fare.
Sua sorella, Kovács Klára, nel frattempo, era seduta al tavolo, immersa in un libro sgualcito: “Nozioni di base di medicina veterinaria per principianti.”
– Klári, non mollare! – sorrise Dániel, mentre mangiava velocemente un angolo di cornetto secco. – Diventerai veterinaria, vedrai. Anzi, sarai la prima che riuscirà anche a curare i politici.
Klára ridacchiò, poi si immerse di nuovo nel libro.
L’incontro Quel giorno, alla biblioteca comunale dove Dániel studiava la sera, qualcuno si avvicinò a lui. Una donna anziana, ma sorprendentemente energica: Szabó Erzsébet.
– Giovane, questo posto è libero? – chiese gentilmente, stringendo una borsa piena di libri.
– Certo, prego! – rispose Dániel, spostando i suoi appunti.
Erzsébet si sedette, ma non tirò fuori i suoi libri. Piuttosto, iniziò una conversazione.
– Che tempi belli! L’uomo può studiare legge… Ai miei tempi, invece…!
Dániel sorrise. Nessuno dei due sapeva che questo incontro casuale avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
L’offerta inaspettata Alcune settimane dopo, quando ormai si era instaurato tra loro un rapporto quasi amichevole, Erzsébet improvvisamente fece una proposta – per usare un eufemismo – insolita.
Erano seduti in un caffè tranquillo, quando Erzsébet parlò piano, ma con decisione:
– Dániel, ho una proposta per te.
– Dimmi pure, Erzsébet néni! – rispose Dániel curioso.
– Vorrei che mi sposassi.
Il ragazzo quasi rischiò di soffocare con il caffè.
– Scusa… cosa?
– Non parlo di un matrimonio d’amore. So che sei giovane. Ma io non ho famiglia, e avrei bisogno di qualcuno in cui posso fidarmi. In cambio, mi prenderò cura di te… e della tua famiglia.
Dániel fissò davanti a sé. Una metà del mondo si frantumò in un secondo dentro di lui – l’altra metà invece, improvvisamente, apparve nella forma di una ciotola di zuppa fumante nella sua mente.
– Questo… è una cosa molto grande, Erzsébet néni. Devo pensarci.
– Certo, non avere fretta. Pensa a Mária… e anche a Klárikára.
Dániel annuì, ma dentro si sentiva come se fosse seduto su una panchina nel mezzo di un fulmine.
La decisione Kovács Dániel non dormì per tre giorni. A volte fissava il soffitto, a volte il suo lacci delle scarpe, a volte Klárikát, che poverina studiava talmente tanto che ormai sognava in latino.
Alla fine, una sera, si sedette con Mária e Klára al tavolo della cucina, dove anche la tovaglia sembrava arruffata.
– Mamma, Klári… devo dirvi una cosa molto strana. – iniziò Dániel cautamente.
– Oh no, non dirmi che ti hanno espulso dall’università! – esclamò la madre alzando lo sguardo.
– Ma no! – scosse la testa Dániel. – Una signora anziana, Erzsébet néni, mi ha proposto… di sposarla.
Silenzio mortale.
Mária lo guardò come se avesse messo un’anatra a tre teste al centro del tavolo.
– Tu… SEI IMPAZZITO?!
– Non si tratta di amore. È… un affare. Lei è sola, non ha nessuno. In cambio salverebbe la nostra famiglia.
Klára rischiò di far cadere il bicchiere.
– E tu… accetteresti? Così… beh… lei ha settantuno anni?
Dániel annuì. Mária sospirò a lungo, poi accarezzò la mano del figlio:
– Io non ti costringo a nulla, figlio mio. Ma sappi che qualunque cosa decida, ti amiamo. Sempre.
E allora Dániel decise.
Il matrimonio Il matrimonio era stato pianificato come una cerimonia intima in una piccola chiesa di Buda. Non c’era una torta elaborata, non c’erano piccioni da liberare, solo alcuni amici stretti, che credevano per lo più di essere partecipanti a uno scherzo con telecamera nascosta.
Il sacerdote a malapena riusciva a trattenere una risata quando arrivò alla parte del giuramento:
– “Prometti di… in salute, malattia, bene, male…”
Gli occhi di Dániel si strinsero per un attimo, ma poi annuì seriamente.
– Sì, lo prometto.
Szabó Erzsébet annuì anche lei, con dignità, ma con le mani leggermente tremanti. L’anello – quello che Erzsébet gli aveva dato – valeva probabilmente il prezzo di metà di un appartamento.
La stampa, ovviamente, fiutò subito la notizia. La mattina seguente, i tabloid urlavano:
“Un giovane ha sposato la milionaria nonna! MATRIMONIO D’AMORE O PER CALCOLO?”
E la gente sapeva già tutto, o almeno lo pensava, dal panettiere all’angolo alla farmacia vicina, tutti avevano un’opinione da condividere.
– Lo dico io, è solo per i soldi! – scuoteva la testa il panettiere.
– Ah, è amore, siamo solo ciechi! – spiegava il postino.
I primi giorni insieme I primi giorni furono strani. Erzsébet viveva nella sua vasta e lussuosa villa a Buda, dove Dániel ora occupava il posto di “marito”.
Anche le colazioni erano imbarazzanti:
– Vuoi un caffè, Dániel? – chiese Erzsébet un giorno, mentre portava la colazione su un vassoio d’argento.
– Uh… sì, grazie. Ma… per me basta un cubetto di zucchero.
Erzsébet rise.
– Qui prendi tutto in doppio, giovane uomo. Tranne le regole. Per quelle, triple porzioni!
Dániel sorrise anche lui. Sebbene sapesse di essersi messo in una situazione strana, non poteva fare a meno di apprezzare la gentilezza di Erzsébet.
La pressione della stampa Non passò molto tempo prima che i giornalisti si presentassero davanti alla villa. Fotocamere, telecamere, microfoni.
– Kovács signore! – urlavano. – È vero che vuole ereditare la fortuna di Erzsébet?
– Kovács signore, è davvero innamorato?
– Quando sarà la luna di miele? E dove? A Margitsziget o a Monaco?
Dániel inizialmente cercò di evitare le risposte, ma un giorno Erzsébet lo prese sottobraccio e gli sussurrò:
– Dani, dì loro solo questo: “La vera felicità non si compra con i soldi.” Lascia che si scervellino su questo!
Così fece. E il giorno dopo, i giornali titolavano di nuovo:
“L’AMORE NON È UN PRODOTTO! – Il messaggio del giovane casanova ungherese”
Tensioni familiari I giorni passavano, ma non tutti erano felici per il nuovo matrimonio. I parenti lontani di Erzsébet – soprattutto il caro nipote Szabó Gábor – erano scandalizzati.
Un giorno irruppero nella villa:
– È uno scandalo! – esclamò Szabó Gábor. – Questo ragazzo… ti sta solo sfruttando, Erzsi néni!
– Gábor, siediti. E prima che ti venga un colpo per la tua rabbia, ascoltami. – La voce di Erzsébet era calma, ma tagliente come una spada samurai.
Gábor lanciò con rabbia il suo cappotto sul divano, e Dániel cercò di rimanere educato:
– Non voglio niente da nessuno. Voglio solo che Erzsébet néni sia felice.
– Certo, certo! Felicità! – sbuffò Gábor. – Che strano che nel frattempo la sua fortuna ti renda felice, eh?
Erzsébet allora tirò fuori un documento dal cassetto.
– È questo che volevi? – chiese freddamente. – Il mio testamento? Ecco, leggi: tutta la mia fortuna andrà a una fondazione per aiutare i bambini orfani. Dániel non erediterà un centesimo.
Gábor rimase in silenzio. Sembrava come se gli fosse stato rubato qualcosa di prezioso.
– Beh… questo… – mormorò. – Mi preoccupavo solo per te, Erzsi néni.
Erzsébet lo guardò con disprezzo e fece un gesto con la mano:
– Chi si preoccupa tanto, non piange per i soldi. Vai a casa, Gábor.
Il grande segreto Quella sera, Erzsébet e Dániel si sedettero davanti al caminetto, sorseggiando tè caldo.
– Sai, Dani – iniziò Erzsébet a parlare piano –, per tutta la mia vita ho inseguito l’opinione degli altri. Cosa diranno se faccio questo, se faccio quello. E qual è stato il risultato? Alla fine, nella mia vecchiaia, mi sono trovata sola…
Dániel tacque, non voleva interromperla.
– E tu… tu sei venuto nella mia vita come il sole dopo una tempesta. Non per i miei soldi. Non per il mio nome. Ma perché semplicemente… SEI UN UOMO.
– Erzsébet néni… – disse Dániel commosso –, non me ne andrò. Anche se domani ti svegliassi e decidessi che tutto questo è stato un errore.
Erzsébet sorrise, ma una lacrima brillò nell’angolo dei suoi occhi.
– Sai, Dani, che cos’è la vera ricchezza? È avere qualcuno con cui parlare la sera. Avere qualcuno a cui appartieni. E questo non si può comprare.
Un’imprevista svolta Alcuni mesi dopo, le condizioni di Erzsébet peggiorarono. Sebbene fisicamente tenesse ancora duro, i suoi medici erano sempre più cauti nelle previsioni.
Una sera, quando Dániel andò a trovarla alla villa con Mária e Klára, Erzsébet prese una busta.
– Dani, questo l’ho scritto per te. Aprilo solo quando sentirai di aver perso la strada.
Dániel non capiva, ma la prese e la tenne stretta al cuore.
Il vero valore dell’eredità Alcune settimane dopo, Erzsébet se ne andò dolcemente, con un sorriso sul volto.
Dániel e la sua famiglia piansero, ma sapevano che Erzsébet non aveva lasciato dietro di sé una fine triste, ma una vita piena.
Quando arrivò il momento, Dániel aprì la busta. Dentro c’era una lettera e una chiave.
La lettera diceva:
“Caro Dani! Se leggi queste parole, significa che non sono più con te.
Ma ti ho lasciato qualcosa che forse è più importante del denaro: la possibilità della speranza.
La chiave apre una piccola casa nascosta nel Mátra. Lì puoi ricominciare una nuova vita, lontano dal rumore della città.
Non dimenticare: la vita non riguarda il denaro, ma chi condivide con te la luce del mattino.”
Dániel guardò la chiave con gli occhi lucidi. Non un castello, non un deposito bancario. Una semplice casetta – dove ricominciare. Insieme. Con sua madre, Klára, nella speranza di un futuro migliore.