La stanchezza mi era penetrata fino alle ossa.
Guidavo da quasi tre giorni senza sosta, con solo poche ore di sonno, e la schiena mi faceva male per il lungo viaggio.
Era tarda notte quando mi fermai in una stazione di servizio remota, in campagna.
Volevo solo fare rifornimento e prendere un caffè nero forte per arrivare al prossimo punto di sosta.
Appena spensi il motore e aprii la portiera del camion, sentii un lieve guaito.
All’inizio pensai fosse il rumore dello scarico o forse la stanchezza che mi giocava brutti scherzi.
Ma poi lo sentii di nuovo.
Un suono soffocato, sommesso, che stringeva il cuore.
Scesi e guardai intorno nel buio.
Accanto al bidone della spazzatura, dietro una scatola di cartone, c’era lui.
Un cagnolino magro, tremante per il freddo e la paura.
Si confondeva quasi con la notte, ma quando mi guardò, nei suoi occhi vidi qualcosa che non dimenticherò mai.
Era una richiesta d’aiuto.
Non forte, non drammatica.
Solo quella silenziosa supplica che emanano le anime affamate, umiliate e abbandonate.
“Ehi, amico…” dissi piano, accovacciandomi.
“Che ci fai qui?”
Il cane non si mosse.
Mi guardava soltanto.
Diffidente.
Spaventato.
Tornai al camion, aprii la borsa frigo e presi un panino al salame.
Ne strappai un pezzo e mi avvicinai lentamente.
“Hai fame, vero?
Dai, non ti faccio del male.”
Posai il pezzo di pane a un metro da lui, poi mi allontanai.
Lentamente, con cautela, ancora tremante, si avvicinò.
Annusò il pane con il naso, poi lo leccò.
La coda si mosse per un istante – non fu un vero scodinzolio, solo un tentativo tremolante per dire: “Grazie.”
Fu in quel momento che il benzinaio uscì da dietro il bancone.
“È lì da tre giorni,” disse.
“Abbiamo provato a dargli da mangiare, ma non si è mai avvicinato.
Sicuramente qualcuno l’ha abbandonato.
Si vede che era un cane di casa.”
“E nessuno è venuto a cercarlo?” chiesi arrabbiato.
“Nessuno.
Non c’è da stupirsi – qui non c’è nemmeno campo, e poi… chi lascia il proprio cane così?”
Il cuore mi si strinse.
Mi grattai la nuca, poi guardai il cane, che nel frattempo mangiava un altro pezzo dalla mia mano.
“Non lo so… ma visto che sono qui…”
Tornai al camion e aprii la portiera.
Diedi un colpo al cruscotto, come facevo un tempo per dire al mio vecchio cane che poteva salire.
“Dai, amico!
Se vuoi, puoi venire con me.”
Per un attimo, il mondo si fermò.
Il cane mi guardò, poi si mosse all’improvviso.
Non corse, non saltò, si avvicinò deciso alla portiera, guardò in alto, e con un gesto fluido saltò nella cabina.
Si sedette direttamente sul sedile accanto al mio e rimase lì.
“Beh, è stata una decisione veloce,” ridacchiai piano.
Anche il benzinaio annuì.
“Ha già deciso.
Ora sei tu il suo umano.”
Diesel – Il cane del camionista
Da quel momento in poi diventò Diesel.
Il mio fedele compagno di viaggio.
È con me in ogni lungo tragitto, guarda l’autostrada dal finestrino e la sera si accoccola ai miei piedi quando finalmente ci fermiamo.
Ricordo la prima notte insieme, nel parcheggio di un’area di sosta – aveva paura persino di addormentarsi.
Sobbalzava a ogni rumore.
Poi si avvicinò al bordo del materasso nella cuccetta e posò la testa sul mio piede.
“Va tutto bene, Diesel,” sussurrai.
“Non sei più solo.”
Oggi osserva la strada come se stesse guidando lui.
Quando mi fermo, scende con me, e se qualcuno si avvicina troppo al camion, lo segnala subito.
Ma quando mi guarda… quegli occhi sono ancora gli stessi.
Pieni di gratitudine e fiducia silenziosa.
Non stavo cercando un cane quella notte.
Ma Diesel ha trovato me.
E non c’è denaro, caffè o sosta che valga quanto la decisione che presi quella sera.
Perché da allora, ogni chilometro è più leggero.
Perché non sono più solo. 🐾🚛❤️